Mi ricordo benissimo come intorno ai 15-16 anni fossi convinto di questa cosa: arrivato a 40 anni, eri per forza un adulto. Guardavo le persone più vecchie intorno a me, mi sembravano così forti, così sicure... mi dicevo — per diventare quello partendo da ciò che sei ora... dovrai pur attraversare una qualche linea invisibile. Poi "saprai."

Beh, ai 40 ci sono (quasi) arrivato.

Nel frattempo ho scoperto che — ahimè — non si tratta di età, o di linee invisibili da attraversare. Alcune persone sono già adulte a vent'anni (pochissime, ma esistono!), molte non lo diventano mai. È sorprendentemente facile, in questo mondo così comodo, non crescere.

Anche la mia definizione di "adulto" ha subito varie modifiche. È iniziata come qualcosa di vago tipo "una persona che ha capito tutto" (qualunque cosa questo significhi davvero). Ora è più precisa, più chiara.

Adulto per me, sopra ogni cosa, è qualcuno che ha deciso — perché è sempre una decisione questa — di smettere di agire col pilota automatico.

È qualcuno che sa stare nelle emozioni e nei sogni — quei sentimenti disordinati, scomodissimi — invece di rifuggirli e negarli, perché solo così può garantirsi una bussola interna affidabile. Non cercano di essere invulnerabili. Accettano che per vivere pienamente, devi rimanere aperto alla possibilità di essere ferito.

È la persona che trova il coraggio, con costanza, di mettere in dubbio i propri pensieri e comportamenti acquisiti, emulati o imposti, quando sente che questi non la rappresentano davvero. Anche quando tutti intorno a loro che amano (famiglia, partner, amici, colleghi, società) non sono d'accordo.

È qualcuno che si assume la piena responsabilità delle proprie azioni, insoddisfazioni e sofferenze — così come della propria soddisfazione e gioia. Smettono di aspettare che le cose cadano dal cielo. Smettono di puntare il dito contro l’esterno. Cercano di rimuovere quanto più possibile lamentele e scuse dal loro vocabolario. Invece, si chiedono “e io cosa posso fare al riguardo?"

Oggi per me essere adulto non prevede in alcun modo l'aver raggiunto risultati straordinari o certezze granitiche. Non è collegato al successo esterno o al riconoscimento sociale... anzi, è proprio il contrario.

Adulto è la persona cosciente di quelli che sono i propri limiti attuali — secondo la propria personalissima analisi — e che al tempo stesso sente di avere la forza e il coraggio di poter cambiare, volontariamente.

È qualcuno che ha imparato a navigare il conflitto tra intimità e isolamento. Qualcuno che sceglie le relazioni basandosi sulla reciprocità piuttosto che sulla dipendenza.

Per riuscirci, è fondamentale sviluppare sicurezza in se stessi, indipendenza dagli altri, gioia di vivere e la capacità di farsi le coccole da soli — ovvero di non dipendere dall'esterno per il proprio benessere emotivo.

È qualcuno che ha imparato che la maturità non è rigidità, ma flessibilità. La capacità di essere bambino quando è il momento di giocare, adulto quando devi essere autonomo, e "genitore" quando è il momento di prendersi cura degli altri.

Quindi no, personalmente, non sono ancora adulto. Oh, no. Ma ci sto provando.